storie dei nostri giorni: strangolata e fatta a pezzi

A ferragosto un atroce delitto è avvenuto a Roma: una donna è stata strangolata e poi fatta a pezzi con una sega. L'autore del delitto è il fratello che viveva con la vittima in un appartamento al Flaminio. Secondo alcuni giornali l'appartamento, in cui è avvenuto il feroce delitto, era di proprietà della vittima che lo aveva eredidato dai genitori. La donna vi si era recata a vivere nel 2005, a seguito della morte della madre. I giornali non lo dicono, ma è possibile che al momento della sua morte, la madre stesse ospitando nel suo appartamento futuro omicida e fratello della vittima. I giornali non lo hanno detto, ma è possibile che la sorella non avesse avuto il coraggio di sbattere il fratello fuori di casa. Se lo avesse fatto forse sarebbe ancora viva ed invece è iniziata una convivenza difficile. Non erano anziani né il fratello né la sorella: 62 anni il fratello omicida e 59 la sorella vittima, che per sbarcare il lunario affittava a studenti una stanza dell'appartamento e faceva la donna delle pulizie presso famiglie benestanti. Lui invece era disoccupato e viveva di quel che gli passava la sorella. I giornali esagerano sempre. I due fratelli non abitavano ai Parioli. Vivevano in via Guido Reni, in un quartiere dignitoso, ma non di lusso anche se adesso è diventato molto quotato per via del maxi e del nuovo auditorium. I giornali attribuiscono l'origine del delitto ad attriti per motivi economici. Il delitto, la modalità di esecuzione suggeriscono una situazione di miseria, di abbrutimento e di degrado. La brutalità dell'omicidio stride con la percezione che per evitarlo sarebbe bastato qualche migliaio di euro. Pare che fossero almeno due mesi che il fratello stesse meditando di sopprimere la sorella. è facile supporre che la donna, che doveva faticare non poco per raggranellare qualche cento euro facendo la domestica, fosse un po' tirata con i soldi e poco incline a dare al fratello il frutto della sua fatica e degli introiti provenienti dall'affitto. Doveva essere davvero una vita miserevole e grama quella alla quale erano entrambi condannati per la penuria di soldi. Entrambi, poco più vecchi di me, non avevano una vita lavorativa stabile. Eppure, quando loro avevano 20, 25, 30 anni, non era difficile trovare un lavoro di tipo impiegatizio a Roma.  Bastava avere un diploma di scuola secondaria e si veniva assunti alle poste, nelle scuole, nei musei, in qualche studio legale. Viene spontaneo ipotizzare che i due fratelli non avessero avuto occasione di studiare per avverse condizioni di tipo economico. Entrambi non si erano mai sposati ed è facile attribuire alla precarietà economica la difficoltà di costruirsi una vita familiare. Così non è. In realtà erano figli di un generale e la madre apparteneva ad una importante famiglia del Monferrato. Tra gli avi della madre un senatore e un presidente della Corte dei conti, un prozio si unì a una esponente di casa Agnelli e un altro prozio, cui è intitolata la piazza principale di Grazzano, è stato insignito della medaglia d'oro al valor militare. Se da ragazzi non proseguirono negli studi non doveva essere stato per motivi economici e le iniziali supposizioni si rivelano infondate. A Grazzano, da ragazzi, erano soliti passare le vacanze a palazzo Cotti, che era la casa della famiglia della madre. A Grazzano c'è chi ancora si ricorda di loro, che arrivavano puntuali ogni estate, con un lusso di mercedes che trainava un carrello con le valigie,  e soggiornavano un mese con i genitori. Durante quel mese per le strade del paese si vedevano scorazzare in bicicletta le due sorelle e il fratello, a volte ridendo a volte litigando, come normalmente succede tra fratelli. Sembravano una bella famiglia. C'è in paese chi si ricorda in particolare di Maurizio, il futuro assassino. Ecco come lo descrive un astigiano che lo ha conosciuto:<<eravamo tutti e due ventenni, stessa leva, lui frequentava il gruppo dei Radicali astigiani, l'ho incontrato ad una riunione, era un "blagueur" (vanesio), gentile ed educato. Mi invitò un pomeriggio nella sua casa di Grazzano, ricordo gli ambienti sfarzosi e un incantevole giardino con gli archetti.>> I ragazzi tornarono a Grazzano per tutti gli anni '70, poi in paese non si videro più. Forse negli anni '80 erano diventati grandi e preferivano passare le vacanze per conto loro o forse, chissà, andavano a Grazzano perché lì ci vivevavno i nonni e, una volta morti, smisero di farlo o forse furono altri i motivi per i quali smisero di andare a Grazzano. Sta di fatto che nei giornali non ci sono testimonianze di come fossero i fratelli Diotiallevi negli anni '80.  Quel che si sa è che il futuro assassino fu mandato a studiare scienze politiche in una università di prestigio a Bruxelles, ma non si sarebbe laureato mai né lì né altrove. Forse pensava che essere di bell'aspetto, avere modi raffinati, appartenere ad una famiglia di un certo prestigio e una buona conoscenza delle lingue bastassero a costruire una situazione lavorativa stabile e ben retribuita. Quanto alla sorella, una bella ragazza, di ottima famiglia, bene educata, figlia di un generale, con alle spalle una situazione socio-economica serena, negli anni '80 di solito andava all'università e non aveva grande difficoltà a trovare corteggiatori e pretendenti. La vittima però non ultimò l'università né trovò mai marito né si costrui mai ina situazione lavorativa e affettiva stabile e questo sembra strano. Anche se non aveva intenzione di impegnarsi in studi universitari, negli anni '80 e forse anche anche all'inizio degli anni '90 a Roma avrebbe trovato lavoro, se l'avesse cercato. Evidentemente non doveva essere molto motivata nel cercare un'occupazione stabile. Forse in futuro si sarebbe pentita del suo scarso impegno nel costruirsi una sua situazione professionale perché dopo la situazione economica anche a Roma sarebbe cambiata e non sarebbe stato facile trovare un'occupazione e forse avrebbe finito per provare astio nei confronti della vita perché si sarebbe sentita beffata. Le avevano fatto credere di essere bella, ricca, le avevano fatto credere di avere il mondo ai suoi piedi. Magari aveva rifiutato molti corteggiatori perché non le sembravano abbastanza per lei e magari ne aveva fatti scappare altri con bizze da adolescente viziata e adesso invece le mogli dei suoi ex-corteggiatori vivevavno una vita tranquilla e serena, fatta di vacanze estive, palestra, parrucchiere, teatri e ristoranti mentre lei doveva stare attenta al centesimo. Possiamo immaginare la rabbia, lo sconforto, la frustrazione, ma stiamo anticipando i tempi. Negli anni '80, probabilmente verso la fine degli anni '80, venne venduta la bella casa di famiglia. Nel '90 la casa di Grazzano risulta con sicurezza avere altri proprietari. Il padre nel frattempo era morto e le spese di manutenzione e le tasse erano diventate eccessive per la vedova e i ragazzi? Non sappiamo cosa spinse a monetizzare qul bene di famiglia e non sappiamo a quanto lo vendettero, ma, visto quel che dopo sarebbe successo, fratelli e madre non dovettero fare buon uso dei proventi  della vendita e i soldi fanno in fretta ad andarsene se vengono scialacquati senza criterio. Chi fu, in quella famiglia, il gran scialacquatore, ammesso e non concesso che ce ne fosse uno solo? Fu il fratello che veniva mantenuto in una città costosa a studiare in una università ancora più costosa? O fu la sorella un po' viziata e capricciosa? O forse si trattò di sfortuna ed investimenti sbagliati, magari suggeriti da consulenti incompetenti o truffatori senza scrupoli? Se fosse una mia microstoria potrei inventarmi tutta una situazione, ma questa è una storia vera e, per rispetto alla sfortunata vittima, non mi sento di inventare proprio nulla.  I giornali riportano che il fratello, reo confesso, ha parlato di una situazione di esasperazione dovuta a continue umiliazioni. La vittima probabilmente scaricava sul fratello la sua rabbia e la sua amarezza e lo incolpava, probabilmente non senza qualche ragione, per il loro fallimento esistenziale.  La convivenza dei fratelli doveva essere insostenibile, avvelenata come era da continue liti e umiliazioni. I vicini non riportano di litigate a voce alta, neanche gli affittuari riportano di aver assistito a discussioni accese. Eppure le liti c'erano. Erano liti tra persone di ottima educazione, mica roba da vaiasse sguaiate. Possiamo immaginare stilettate velenose, condotte sottovoce, con sarcasmo sprezzate e aristocratica albagia, colpi che la sorella infliggeva al fratello tutti i giorni, ad ogni occasione, finanche davanti al figlio che l'omicida aveva avuto da una relazione, mai formalizzata in matrimonio. Neanche un santo avrebbe potuto sopportare una simile sequela di umiliazioni, figuriamoci un ex-ragazzo vanesio e inconcludente.
Una bella eredità non saputa gestire e andata in fumo, ragazzi spensierati, educati e gentili, che non hanno saputo costruirsi una professsione, una ex-ragazza di buona famiglia costretta a fare la domestica, il ricordo di agi e lussi passati e una attuale condizione di povertà, questi sono gli ingredienti che hanno trasformato un ragazzo un po' vanesio in un omicida brutale.  
Povera vittima e povero carnefice, la vostra storia meriterebbe di essere raccontata da un grande scrittore capace di non suscitare giudizio o condanna, ma solo la compassione che entrambi meritate        

  

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