breve considerazione su un fatto di cronaca

Anche oggi una donna, in questo caso una ragazza giovanissima, è morta per mano del suo fidanzatino. 16 anni lei, appena un anno di più lui. è stato coniato un nuovo termine per questo genere di situazione: femminicidio. Trovo il termine orrendo, ma trovo interessante che si sia sentita la necessità di inventare un termine nuovo, talmente frequente è la situazione. Cambiano i nomi, cambiano le età, cambia l'ambiente, ma la storia è sempre quella: una relazione conflittuale, tormentata e alla fine un fidanzato, un convivente, un marito uccide la controparte. Si individua nel maschilismo dell'uomo, nel suo malato senso di possesso la causa di questo tipo di crimine, sempre così terribilmente uguale da diventare persino noioso. in realtà non esiste carnefice senza vittima e non esiste vittima senza carnefice. sono i due poli di una stessa relazione. quello che veramente è malato è la relazione, di cui entrambi i poli sono responsabili. se si vogliono davvero ridurre i femminicidi non bisogna guardare solo in una direzione, ma occorre guardare da entrambe le parti. E bisogna avere il coraggio di guardare anche dall'altra parte, quella dove non guarda mai nessuno perché tutti sono impegnati a condannare ed esecrare il gesto del colpevole. Condannare il colpevole è facile: è sempre - tragicamente e drammaticamente sempre - un violento, immaturo, narcisista, maschilista. Si condanna da sé. La vittima, però, avrebbe potuto sottrarsi e non lo ha fatto. avrebbe potuto uscire da questa relazione e non lo ha fatto.   

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  2. secondo me i motivi andrebbero ricercati in una nostra (sotto)cultura. L'uomo macho evidentemente piace. magari non piacerà a tutte, ma a qualcuna piace. in effetti non tutte le donne incappano in uomini narcisisti, maschilisti, violenti e mezzipsicopatici. Qualcuna ne è vittima e molte, invece, se ne tengono alla larga. Per questo sostengo che per limitare il problema dei cosiddetti femminicidi occorra vedere che ad essere malata è la relazione che si instaura. Entrambi i poli sono responsabili della relazione e, conseguentemente, sono da curare entrambi i poli. La madre della ragazza aveva denunciato il ragazzo e la ragazza cosa ha pensato bene di fare? si è alzata prestissimo e ci è uscita insieme. Forse i genitori non le davano più il permesso di frequentare quel ragazzo e lei ha bellamente disatteso divieti e antefatti. Un vecchio adagio dice che chi è causa del suo mal debba piangere se stesso. L'ha pagata cara e, quel che è peggio, la sua storia non servirà di monito a ragazze che si trovano in situazioni analoghe.
    mi piacerebbe capire quali siano le cause di questo atteggiamento malato e masochistico di queste fanciulle, ragazze e donne. Purtroppo finché non si prende atto che anche le donne andrebbero curate questi sciagurati episodi ci saranno sempre. Ammesso e non concesso che si eviti che un certo ragazzo importuni e dia il tormento alla ragazza, è quasi certo che la ragazza ne troverà un altro come il primo, se non peggiore.

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  3. mi è stato fatto notare che la ragazza abbia pagato caramente il suo errore e che avesse tentato di interrompere la relazione. A me non sembra che rimanere a chattare e uscire ad ore antelucane e, per giunta, all'insaputa dei genitori che non le avrebbero dato il permesso di uscire dimostri una qualche volontà di interrompere la relazione. Anzi, mi pare che la volontà di non frequentarlo più non c'era proprio.
    non mi pare che il paragone con cenerentola sia molto calzante. Cenerentola pativa una situazione vessatoria e infatti voleva evadere. A trattarla male non era il fidanzato, ma le sorelle invidiose. Se mai forse il paragone è con barbablu o con il lupo di cappuccetto rosso.

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  4. in risposta a una critica mossami, posso dire che non credo che la donna sia intrinsecamente deficiente, in effetti però alcune sembrano esserlo e, forse, lo sono sul serio. credo che nel caso di cronaca più che di stupidità si sia trattato di una questione culturale. Evidentemente la ragazza trovava accettabile essere trattata male, comandata a bacchetta, picchiata o forse era diventata succube del suo aguzzino. Essere succubi non è propriamente essere deficienti, ma essere disturbati e squilibrati sì.

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